L’industria italiana è cerebralmente morta. È davvero così?

l’italia è un paese morto per trovare lavoro bisogna andare all’estero per i giovani non c’è futuro in Italia potremmo vivere di turismo e invece non ci sono più le mezze stagioni non uscite nelle ore più calde novalexio è un fascio catto rossobo comunista è impossibile quantificare quante volte ho sentito queste litanie e dalla recessione del 2008 che ci dicono che siamo in crisi è un po’ il nostro teatrino nazionale ora ci dicono che è persino peggio perché non solo i salari stagnano l’inflazione mangia gli scontrini prima ancora dello stipendio e la sanità pubblica è un miraggio da CUP ma anche l’industria italiana sta franando settori chiave come il manifatturiero il metallurgico e l’automotive hanno perso colpi pesanti solo tra dicembre 2023 e dicembre 2024 la produzione industriale è calata del 7,1% su base annua è il dato peggiore della crisi del 2008-2009 escludendo gli anni del Covid e no non è soltanto una flessione tecnica è una tendenza cronica in Europa soltanto Slovacchia e Cchia hanno registrato contrazioni peggiori nello stesso periodo e alcuni diranno “E che ce frega della produzione industriale?” Dovrebbe fregarci e come la produzione industriale vale circa il 20% del nostro PIL non è un dettaglio è un intero pilastro dell’economia italiana e il fatto che secondo gli ultimi dati Eurostat l’Italia si collohi tra i peggiori performer industriali dell’Unione Europea non dovrebbe passare inosservato a meno che non si preferisca discutere di festival delle musiche o di calciomercato come termometro del paese i settori più colpiti sono paradossalmente quelli dove in teoria dovremmo essere imbattibili la fabbricazione di mezzi di trasporto il tessile e la moda la produzione metallurgica insomma il made in Italy va benissimo eh sicuramente sui post delle fiere secondo poi un’analisi della Commissione Europea il 39% delle imprese manifatturiere italiane non ha fatto investimenti significativi in tecnologie digitali negli ultimi 5 anni e questo nonostante i tentativi di accelerazione tramite il PNRR che però ha spesso faticato a raggiungere le PMI e per favore niente appelli al turismo e alla ristorazione sono settori vitali ok certo ma non sostituiscono l’industria né come occupazione stabile né tantomeno come leva di innovazione le uniche note positive arrivano da comparti che ancora reggono l’urto cioè il settore energetico quello agroalimentare e soprattutto farmaceutico oggi fiore all’occhiello dell’export italiano ma non basta perché quando tutto il resto crolla anche chi resta in piedi rischia di finire sotto le macerie con salari stagnanti un sistema pensionistico in equilibrio instabile una sanità pubblica che si regge su turni massacranti e bandi a vuoto e soprattutto un’inflazione che ha trasformato il carrello della spesa in uno sport estremo beh la bassa produttività diventa un moltiplicatore di guai e qui mi direte “Mizzega come sei catastrofista oggi pari quasi uno dei giornalisti della TV” direi più che altro realista ma proprio per non restare impantanati nel lamento continuo e anzi per mostrarvi un’alternativa che esiste assieme a Giacomo siamo andati a vedere da vicino un’azienda italiana che va in netta controtendenza rispetto al declino industriale di cui parliamo in questo video e precisiamo subito non è una sponsorizzazione non ci hanno pagato semplicemente è un piacere parlare di realtà come questa perché ogni tanto è giusto raccontare anche l’Italia che funziona e sto parlando di Verg un’azienda con sede in provincia di Venezia che fa una cosa semplice da spiegare ma che è tutt’altro banale da realizzare bene produce pezzi su misura sia in stampa 3D industriale che con lavorazioni CNC ad alta precisione il tutto ordinabile direttamente online oggi Verg è la più grande realtà in Europa che permette di acquistare lavorazioni meccaniche e stampe 3D realizzate interamente all’interno della propria sede un impianto da 8.000 m² a scorze in Veneto berg è anche il primo produttore al mondo per volumi e per numero di stampanti HP Multiet Fusion industriali con 25 macchine operative ecco in un paese come l’Italia oggi quello che fa Verg non è affatto scontato ne abbiamo parlato proprio con Matteo Rigamonti allora abbiamo circa 70 dipendenti attualmente sì molti sono giovani perché perché sono quelli che troviamo e anche perché nella produzione il lavoro può essere particolarmente gravoso ma non abbiamo nessuna difficoltà a trovare personale i nostri prodotti principali sono due le lavorazioni CNC e la stampa 3D diciamo che la tecnologia è la base della nostra attività utilizziamo macchine all’avanguardia sia per quanto riguarda il CNC che per il 3D ma soprattutto abbiamo una gestione del flusso di lavoro che è estremamente complessa cosa significa in pratica fare innovazione in un’azienda come fare innovazione significa eh secondo me andare dal dagli esperti di un determinato settore presentare le proprie idee e essere derivisi nel momento in cui si raggiunge questo obiettivo vuol dire che si è veramente innovativi e riguardo l’innovazione in Italia possiamo dire questo secondo uno studio del Global Competitiveness Index che misura breveti investimenti in ricerca e sviluppo e la collaborazione tra pubblico e privato l’Italia è soltanto 26ª su 141 paesi per capacità innovativa dietro all’Estonia dietro alla Cina di 5 anni fa ma per essere chiari se un tempo poteva essere una motivazione oggi non è nemmeno una questione di disoccupazione non siamo un paese in cui manca il lavoro siamo un paese in cui si lavora male spesso per poco e senza creare un vero valore aggiunto la nostra produttività per ora lavorata è tra le più basse dele in pratica stiamo in piedi per ore ci spacchiamo la schiena chi se la spacca perché io sto al computer ma alla fine produciamo meno della metà di un lavoratore tedesco e i motivi non sono misteriosi possiamo ridurli a una triade da scolpire nel marmo numero uno troppi lavori a bassa specializzazione cioè mansioni ripetitive e scarso margine di autonomia numero due formazione insufficiente sia tecnica che continua numero tre un mancato incontro tra ciò che il mercato del lavoro richiede e ciò che le scuole e le università sfornano e ricordiamolo un paese in cui il lavoro pur esistendo non garantisce una vita dignitosa non emancipa e non motiva secondo l’Oxe in Italia il 38% dei lavoratori è sovraistruito o comunque sottoutilizzato rispetto alle proprie competenze nel report lo si definisce job mismatch cioè un nome elegante in inglese per dire in sostanza che laureati in ingegneria paradossalmente a volte finiscono per fare gli assistenti alla vendita nei negozi di t-shirt e che i diplomati in ragioneria sono invece lasciati a gestire processi produttivi interi foglietti scritti a penna e allora la vera domanda è come siamo arrivati a questo punto prima però made in Italy del resto l’industria italiana o meglio il tanto decantato made in Italy è da decenni il nostro passaporte internazionale ora non sarà stato il primo a partire ma è sempre stato vestito meglio degli altri certo la rivoluzione industriale ce la siamo persa e il primo treno a vapore lo abbiamo visto passare molto da lontano in direzione Regno Unito ma a modo nostro ci siamo messi in carreggiata già nella seconda metà dell’800 la prima grande esposizione industriale in Italia si tenne a Firenze nel 1861 cioè lo stesso anno dell’unità c’erano macchine agricole filatoi e una grande voglia di sembrare Manchester senza fish and chips ma con bistecca e biscotti convinzanto poi arrivarono le cose serie la siderurgia con la nascita dell’Ilva nel 1905 che all’epoca era sinonimo di modernità e non di bonifica prima azienda a estrarre ferro per alimentare alti forni su scala industriale e poi arrivò la stagione d’oro dell’automobile tra il 1899 e il 1910 fiat Lancia Alfa Romeo un tridente che prometteva di farci diventare la Detroit del Mediterraneo ma è stato negli anni 50 il boom economico la lambretta la plastica tricolore che le aziende italiane hanno iniziato davvero a esportare le proprie conoscenze oltre i confine e ancora oggi nonostante tutto l’export italiano viaggia attorno ai 600 miliardi di dollari l’anno posizionandoci tra i primi 10 esportatori mondiali c’è solo un dettaglio siamo in crisi da almeno 30 anni una crisi cronica intermittente sì con qualche rimbalzo certo ma nessuno avrà inversione di tendenza strutturale la verità è che la crisi industriale italiana non è una scivolata ma una lenta erosione non c’è stato un singolo momento in cui tutto è andato in pezzi ci siamo sbriciolati un pezzettino alla volta negli anni 70 il primo duro colpo due crisi petrolifere con l’OPEC che chiude i rubinetti e l’occidente che scopre quanto sia vulnerabile quando il barile si svuota l’italia paese energivoro senza materie prime comincia a pagare un conto salatissimo per restare accesa poi arrivano gli anni 80 e con loro la globalizzazione asiatica mentre noi ci addormentiamo sulle ciminiere di Pratu la Cina apre le sue zone economiche speciali Shenzen Juhai fabbriche a ciclo continuo salari ridicoli margini enormi in pratica il sogno erotico di ogni imprenditore con il Rolex e con il commercialista sveglio l’italia guarda applaude e compra ma non solo vende perché in quegli anni inizia una stagione che dovremmo chiamare con il suo nome svendita dell’apparato produttivo nazionale una parte dell’imprenditoria italiana non tutta eh ma abbastanza da fare danni strutturali sceglie la scorciatoia chiude in Italia delocalizza dove costa meno e dove la burocrazia rompe meno le scatole e si reinventa brand tra virgolette con licenza di stampa made in Italy ironicamente con produzione a migliaia di chilometri dal suolo europeo dal tessile alla meccanica dalla calzatura alla chimica le fabbriche diventano showroom i capannoni si trasformano in outlet e il lavoro sparisce nel nome della competitività tra 2001 e 2015 oltre 36.000 imprese italiane hanno delocalizzato secondo uno studio di union camere di queste il 65% non ha più riportato nulla in Italia negli anni 90 altro giro di giostra il debito pubblico italiano esplode si supera il 120% del PIL e mentre Mastrict impone rigore le imprese italiane tagliano gli investimenti per sopravvivere al posto dell’industria 4.0 si sopravvive vendendo i capannoni poi arriva il 2008 la madre di tutte le batoste la grande recessione globale e se pensate che sia finita beh Covid quindi fermo produttivo globale uccina energia alle stelle e il 2025 lo abbiamo iniziato con lui basta basta ora però facciamo un giochetto ammettiamo che Nuova Lexio chiuda baracca con i documentari e si reinventi nel glorioso settore manifatturiero da ora in poi decidiamo di produrre macchinette del caffè nasce così la nuova Lexio Coffee Trademark per un caffè amaro quanto l’economia italiana caffè che arriva direttamente dalle piantagioni certificabili di Novalandia dove ancora lo schiavismo è oro colato primo problema restare aperti già perché soltanto tra il 2019 e il 2024 in Italia hanno chiuso circa 59.000 attività manifatturiere e no non è fisiologica rotazione del mercato è un’emorragia vera e in larga parte dovuta a shock esterni mai compensati da nuova capacità produttiva il settore moda e tessuti per esempio uno di quelli che dovremmo proteggere come il Colosseo ha perso oltre 15.000 imprese il settore dei prodotti in metallo colonna portante della nostra industria pesante ha visto sparire altre 9.000 aziende è un po’ come se ogni due giorni da qualche parte chiudesse un’officina in silenzio senza neanche un trafiletto sui giornali ma poniamo che la nuova Alexio Coffee Trademark grazie alla sua fama ottenuta tramite i video su YouTube sia stata fortunata baciata dalla fortuna e sia ancora aperta novalexio Coffee trademark ha qualche dipendente produce bene vende supera le forche caudine insomma una piccola storia di successo se non fosse che si trova davanti a un percorso a ostacoli degno del Ministero dei Timbri inutili pratiche burocratiche infinite quasi un circuito infernale fatto apposta per farti sbagliare qualcosa una tassazione degna di una punizione medievale e un contesto in cui ogni decisione imprenditoriale sembra progettata per farti pentire di non aver aperto una torrefazione a Malta supponiamo anche che da imprenditore coscienzioso la nuova Lexio Coffee Trademark non voglia sfruttare i servi della Gleba di Novalandia ma per contenere i costi potrebbe questa azienda essere tentata di assumere personale meno qualificato piuttosto che un ingegnere che vuole e giustamente direi una retribuzione adeguata al suo titolo il punto è che in Italia il numero di laureati tra i 25 e i 34 anni è tra i più bassi d’Europa secondo i dati Eurostat peggio di noi soltanto Ungheria e Romania e viene da chiedersi perché forse perché chi si laurea non trova lavoro nel proprio campo peggio lo trova mal pagato e con zero prospettive forse perché le aziende chiedono profili specializzati ma poi offrono tirocini sottopagati travestite da esperienza formativa giusto per dire secondo l’Ox il 41% dei laureati italiani tra 25 e-34 anni lavora in posizioni che non richiedono la laurea si chiama sotto occupazione e il paradosso a cui è servito pochi laureati e pure sprecati perché magari quelli bravi se ne sono pure andati per cui con ogni probabilità se assumo personale poco qualificato perché voglio risparmiare non voglio neanche innovare e quindi la nuova Lexio Coffee Trademark sarà meno sviluppata dal punto di vista tecnologico il che mi mette in una posizione di svantaggio e qui entriamo nella cosiddetta sindrome del piccolo è bello niente doppi sensi grazie per sindrome Piccolo Bello intendiamo questo l’italia ha costruito il suo tessuto produttivo sulla microimpresa su quella figura mitologica del piccolo imprenditore artigiano flessibile geniale indistruttibile tosto tostissimo legato al territorio votato al sacrificio ecco l’eroe da distretto industriale e per un po’ ha funzionato davvero ma oggi quel modello è diventato una gabbia nel nostro paese oltre il 95% delle imprese ha meno di 10 dipendenti e la media di occupati per azienda è una delle più basse d’Europa il problema è che questo nanismo strutturale rende molto difficile se non addirittura impossibile investire in ricerca sviluppo adottare tecnologie digitali e affrontare con serietà i mercati internazionali una microimpresa ha meno risorse meno tempo e soprattutto meno capitale umano qualificato non perché è scarsa ma perché non può permetterselo beh questo sicuramente un problema grave perché il problema della produttività in Italia è che non si riesce a ottimizzare perché è difficilissimo ottimizzare 6-10 dipendenti come noi all’inizio avevamo bisogno di tutta una serie di funzioni esterne e adesso siamo molto più ottimizzati ma siamo molto più ottimizzati perché siamo più grandi quindi il nanismo è sicuramente un un problema grave il leggendario piccolo è bello a meno che non si tratti di un cane oggi rischia di significare soltanto una cosa piccolo è fragile e anche per il cane in realtà se il sistema non crea le condizioni affinché queste imprese possano scalare possano fondersi crescere in maniera genuina allora continueremo a riempire convegni sul Made in Italy mentre gli altri magari all’estero in altri posti fanno realmente industria quella vera altro punto fondamentale è l’esternalizzazione in parole molto semplici esternalizzare significa affidare ad aziende terze una parte della propria produzione ecco Berg fa l’opposto ritengo che la possedere i mezzi di produzione sia estremamente importante perché ti permette di controllare sullo suo lavoro il prezzo e creare anche del knowwow che è prezioso per la crescita dell’azienda non credo che l’esternalizzazione sia una cosa che possa funzionare almeno non in questo settore e in ogni caso non è nelle mie corde per non sobere poi la nuova Lexio Coffee Trademark ha due carte da giocare la prima è l’eccellenza operativa in parole povere utilizzare i dati invece degli istinti analizzare ogni fase della produzione misurare tagliare in efficienza e ottimizzare processi la seconda carta si chiama servitizzazione nome orribile concetto brillante vuol dire non vendere solo il prodotto ma vendere anche i servizi che lo circondano nel manifatturiero ad esempio si traduce così io NovoAlexio Coffee Trademark non ti vendo soltanto la macchinetta del caffè ma anche l’abbonamento per la manutenzione le capsule dedicate un’app per controllarla da remoto e magari una bella notifica push che ti dice “Uè amico è l’ora del decalcificante” funziona può funzionare non è una bacchetta magica certo non è replicabile ovunque ma in settori ad alta specializzazione o con margini compressi può comunque rappresentare un’ancora di sopravvivenza vogliamo poi parlare di innovazione ci definiamo un paese manifatturiero ma purtroppo produciamo con sistemi gestionali che sembrano scritti su Word Earth secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Transizione 4.0 del Politecnico di Milano più del 60% delle PMI italiane non ha ancora adottato strumenti di gestione integrata dei processi eppure l’innovazione non è soltanto una questione di macchine nuove è mentalità è visione strategica è capacità di reazione e soprattutto è formazione delle persone diciamo hai una visione come imprenditore sul non cercare il più possibile di non mettere da parte le risorse umane che hai già acquisito e piuttosto spostarle su una nuova mansione quando arriva una macchina che le sostituisce sì assolutamente sì anche perché normalmente le massioni che vengono sostituite sono mansioni di basso livello e questa non solo eh è una non è una cosa negativa ma è una cosa positiva perché per le persone e fare un passo in avanti in termini della qualità del lavoro le persone che adesso fanno questo lavoro di smistamento che se vogliamo è un po’ meccanico eh faranno altre cose che magari offriranno nuove opportunità che lo smistamento manuale non gli offriva poi tieni presente che l’anno scorso nel 2024 siamo cresciuti il 42% sul 2023 per cui non c’è problema a ricollocare le persone poi lasciare a casa le persone perché hai comprato una macchina forse può avere anche un senso ma dal punto di vista estetico non mi piace proprio e vi ricordate del job mismatch cioè dello scollamento scuola capacità reali che questa scuola riesce a offrire ai giovani di oggi per il lavoro questo scollamento l’ho sempre visto eh ma l’ho notato anche in me stesso perché comunque la scuola ti fa eh ti racconta una storia che è diversa da quella reale e credo che sia molto difficile risolvere il problema far conoscere agli studenti le aziende credo sia assolutamente fondamentale io più invecchio e più ne sono sempre convinto di questa cosa meno uno stato investe nella formazione fin dall’infanzia eh sia chiaro più questo stato è destinato a fallire miseramente un dato deprimente che posso condividervi è questo secondo Eurostat soltanto il 21% degli adulti italiani partecipa a percorsi di aggiornamento professionale contro il 54 della Svezia e no non stiamo parlando dei corsi improvvisati via WhatsApp parliamo di formazione riconosciuta continua e misurabile ok ma ammettiamo che la nuova Lexio Coffee Trademark riesca a fare tutto questo a innovarsi a brevettare e via dicendo c’è sempre un’altra incognita pronta a fregarla l’export oggi l’Italia vive anche e soprattutto di esportazioni ma la domanda è per quanto ancora e se fino a ieri vendevamo serenamente negli states oggi la musica è cambiata in una parola dazzi not very good considerando che secondo Confindustria nel 2024 l’Italia ha esportato prodotti e servizi per 65 miliardi di euro verso gli States l’europa nel frattempo ha imparato a sue spese cosa vuol dire dipendere troppo dall’estero cip materie prime componenti essenziali insomma basta un blocco navale un incidente nel Mar Rosso per mandare a monte catene di forniture intere e allora la risposta si è fatta slogan reshoring cioè riportare a casa la produzione francia e Germania si stanno attrezzando con piani industriali con incentivi e politiche strategiche l’italia L’Italia resta lì a parte qualche eccezione ovviamente e se vi state chiedendo perché beh è il momento di aprire il vaso di Pandora o forse meglio ancora l’idra che da bambini cercavamo di decapitare su Hercules per PlayStation che gioco meraviglioso più semplice della burocrazia italiana ragazzi perché riportare o aprire uno stabilimento in Italia oggi significa affrontare burocrazia sfissiante costi industriali altissimi e assenza totale divisione industriale a medio lungo termine chi può investe altrove chi resta spesso lo fa per nostalgia vincoli familiari o perché non ha altre alternative e così il resoring diventa l’ennesimo treno che passa e che noi come al solito guardiamo dal binario sbagliato con Matteo abbiamo parlato anche chiaramente della sfida di fare business in Italia e la cosa interessante è che pur conoscendo molto bene le strutture del sistema lui parte da un punto di vista in controtendenza e mi viene quasi da dire da un punto di vista che è proprio una sua mentalità al tempo in cui ho fondato Ver 2015 abitavo a Parigi ho abitato a Parigi 8 anni e ho preso in considerazione considerando che abitavo lì di aprire l’azienda in Francia ma eh devo dire che ho trovato più conveniente aprirla in Italia e oltre a questo la Francia aveva costi decisamente più alti dal punto di vista del degli immobili di cui avrei avuto bisogno e ho abitato ho avuto a casa anche 9 anni in Inghilterra e sinceramente tornare in Italia l’ho sempre trovato una cosa positiva e piacevole è un ottimo posto dove fare l’imprenditore pensi che sia ancora possibile innovare e crescere senza dover fare la valigia localizzare assolutamente sì non serve fare valigia serve fare della valigia per andare in giro per scoprire per avere ispirazione questo assolutamente sì non è che ti puoi chiudere attorno a casa e e non muoverti perché ci sono un sacco di cose da imparare quindi viaggiare è assolutamente fondamentale ma non credo che sa fare la valigia per aprire da un’altra parte almeno non eh in questo settore in moltissimi altri settori insomma quanto ai dazzi non sappiamo come si evolverà questa situazione al momento in cui sto registrando siamo ai primi di aprile 2025 quindi ciao Simone del futuro che presumo guarderai questo video mentre sei in Malesia eh ti è spuntato forse qualche pelo sulla barba bianco e a me no per sicurezza rimaniamo realisti finora a tenere in piedi l’export verso gli states sono state l’industria meccanica il farmaceutico e l’agroalimentare che insieme valgono circa il 30% dell’export italiano verso gli USA ma se saltano quei mercati non è soltanto un problema per le imprese è una questione nazionale e chiaramente con i dazzi questi tre settori menzionati sono i primi a farsi male fino a ieri esportare un’auto italiana negli Stati Uniti significava pagare un dazio del 2,5% ora ripeto siamo ad aprile non so come sarà la situazione a giugno si rischia anche di salire al 25% 10 volte tanto e per un settore che considerando anche l’indotto rappresenta circa il 5% del PIL italiano è una condanna mascherata da formalità doganale eppure e non vogliamo fare soltanto i portatori di sventura gli uccellacci del malaugurio non tutto è da buttare anzi in Italia esistono ancora distretti industriali che per fortuna funzionano crescono si innovano si fanno rispettare anche là fuori nel mondo reale una parte importante è la parte logistica ovviamente è molto più facile aprire un’azienda qui in Veneto vicino all’autostrada dell’aeroporto che non che ne so in Molise o in zone che sono difficilmente collegate questo è un elemento importante dopodiché è vero che ci sono delle delle cose burocratiche da spletare nel momento in cui tu fai partire un’azienda ma non credo che siano quelle che ti fermano la cosa che ferma la crescita delle aziende è la volontà delle persone perché se la nostra determinazione è incrollabile nessuno ci impedirà di fare quello che vogliamo fare prendiamo l’Emilia- Romagna la celebre Motor Valley non è soltanto Ferrari e Lamborghini ma è un intero sistema di piccole e medie imprese che producono motori componentistica automazione e robotica industriale d’avanguardia tra Modena Bologna e Reggio Emilia ci sono oltre 16.000 aziende che sono legate alla filiera della meccanica avanzata molte delle quali esportano oltre il 70% della produzione sempre a Modena il distretto del biomedicale continua a crescere trainato anche dalla domanda globale dei dispositivi medici e tecnologie sanitarie nel nordest regge la concorrenza globale il comparto della meccanica di precisione del packaging settori di per sé ipercializzati e che cos’è che hanno in comune questi distretti non miracoli ma investimenti in capitale umano transizione digitale vera collaborazione tra imprese e spesso legami concreti con università e centri di ricerca locali in pratica dove lo Stato ha lasciato un minimo di terreno fertile qualcuno ha ancora saputo far crescere qualcosa con i dazzi comunque c’è da dire che non tutte le regioni verranno colpite allo stesso modo a pagare il prezzo più salato di questi dazzi saranno guarda caso le tre regioni che esportano di più verso gli Stati Uniti Lombardia Emilia-Romagna e Toscana il messaggio americano è semplice ma brutale venite a investire da noi o beccatevi dazzi per noi significherebbe spostare intere filiere produttive all’estero rinunciando alla manodopera locale e perdendo controllo sulle materie prime un suicidio industriale un suicidio che tra l’altro è già successo qualcuno si ricorda Stellantis vero il gruppo Stellantis nasce nel 2021 dalla fusione tra la francese PSA Peugeot Citroën e l’italoamericana FCA Fiat Chrysler l’operazione doveva segnare una rinascita per l’automotive italiano e invece si è trasformata in un incubo industriale con sede legale in Olanda anima finanziaria negli USA certo sarebbe scorretto intellettualmente scaricare tutta la colpa sulla delocalizzazione ma la crisi di Stellantis nasce anche dall’incapacità di stare al passo con i competitor globali in primis Cina e Stati Uniti ma uno degli errori strategici più gravi è stato proprio il cosiddetto metodo Tavares dal nome dell’amministratore delegato Carlos Tavares un approccio tutto basato su una parola magica tagliare tagliare costi tagliare fabbriche e tagliare personale e spostare la produzione nei paesi dell’Est Europa dove il lavoro chiaramente costa meno e i sindacati non bussano neanche la porta il risultato è tanto avvilente quanto mediocre stabilimenti italiani chiusi cassa integrazione a pioggia finanziata lo ricordiamo con soldi pubblici e alla lunga persino i margini sono calati perché la qualità della produzione si è abbassata e la reattività industriale pure riguardo Maserati evitiamo di menzionare questa colossale figura di merda fatta qualche mese fa e attenzione non è soltanto colpa loro la verità alla Palissiana ovvia come il fatto che l’uovo di gallina una volta bollito sia bianco in superficie è che la politica italiana ha assistito a tutto questo senza una linea coerente indipendentemente dal colore politico ogni governo ha approvato qualcosa incentivi sgravi fondi europei ma senza strategia senza continuità perché alla fine l’industria non muore per una crisi o per una serie di crisi muore quando nessuno in un determinato paese la considera strategica tutto si riduce a un dettaglio pesantissimo si riduce alla debolezza strutturale della rule of law italiana ovvero quel complesso di regole di meccanismi fraginosi di istituzioni che in teoria dovrebbero garantire un trattamento equo trasparenza legalità e prevedibilità in pratica certezza del diritto rispetto delle regole è uno stato che non vada in tilt ogni tre decreti prendiamo un esempio concreto prendiamo il divario tra IVA teorica ed effettiva riscossione in Francia Germania e Spagna questo vuoto fiscale questo gap fiscale è tra il 4% e il 6% in Italia è al 10,6% tradotto ogni anno lo Stato italiano perde oltre 30 miliardi di euro in gettito IVA evaporato evasione elusione inefficienze e il prezzo lo paga anche il sistema produttivo perché dove le regole sono fragili le imprese chiaramente non investono e chi può delocalizza o peggio rimane ma non innova perché vuole sopravvivere e poi c’è la variabile energetica il ministro dell’Energia Fratin ha annunciato un piano per riaprire all’energia nucleare entro il 2027 dopo quasi 40 anni di tabù l’industria italiana continua a dipendere principalmente dal gas che oggi costa più del doppio rispetto al periodo precovid tra 2010 e 2018 era circa €25 MW nel 2024 58 MW l’unica cosa che eh che può essere considerata più costosa in Italia rispetto a altri paesi è l’energia elettrica ma se non so se ho fatto una ripresa col drone qualcosa del genere ci sono 3,8 MW sul tito di solare per cui quando abbiamo preso la bastonata della pandemia abbiamo pensato bene che in case of emergency le uniche cose impossibili sono quelle che tu decidi che sono impossibili in realtà qui in Italia faccio benissimo un imprenditore aprissi un’altra azienda non l’aprirei da un’altra parte le soluzioni ci potrebbero anche essere in Italia ma dobbiamo guardare il quadro più ampio dobbiamo considerare che quella del declino dell’industria non è soltanto una tendenza a tutta italiana nel corso del 2024 la produzione industriale europea è calata del 2% il peggior dato degli ultimi 3 anni il settore siderurgico è alle prese con un eccesso globale di produzione e con una concorrenza cinese spietata che è in grado di vendere sotto costo oppure di conquistare mercati il settore automobilistico invece che dovrebbe essere il cuore pulsante dell’Europa industriale fatica ad adattarsi alle nuove regole del gioco e le auto stanno diventando sempre più un bene di lusso per avere investimenti seri su tutti i livelli a livello nazionale e continentale purtroppo dobbiamo considerare tre zavorre: il costo dell’energia le tensioni geopolitiche sempre immancabilmente presenti mai una gioia e gli squilibri del commercio globale la Commissione Europea ha proposto il Clean Industrial Deal si parla di oltre 100 miliardi di euro in finanziamenti e 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030 ambizioso ma lasciatemi un po’ come San Tommaso cioè se non vedo non credo quindi siamo davvero condannati al declino mi piace essere speranzoso sennò che vita di merda se vedete tutto cupo sempre e comunque lasciatevelo dire ma bisogna comunque essere realisti e dirci dire che serve un cambio netto la produttività non si alza con bonus e slogan ma con competenze aggiornate: macchinari all’avanguardia ricerca e capitale umano formato ma se tu parti dicendo che ah lo Stato non mi aiuta aspetto i finanziamenti eccetera quando io ho aperto la mia la prima azienda potevo ricevere dei finanziamenti massimo 3-4 anni li avrei ricevuti sì ho capito io aspetto 34 anni no parto subito metto i soldi ai miei e ce la metto tutta è una questione di mentalità bisogna rendere conveniente produrre in Italia e questo esula da sterili atti di patriottismo in un mondo dove ormai regna la globalizzazione serve ridurre o addirittura azzerare i costi e i tempi burocratici snellire il fisco per chi innova e creare perché no zone economiche speciali dove far rientrare aziende che lavorano in campi oggi fondamentali e infine bisogna smettere di cambiare rotta a ogni singolo governo qualsiasi sia esso il colore come fanno ad esempio gli infanti all’asilo nido perché un paese senza una strategia industriale nazionale condivisa non ha un futuro ha soltanto mi verrebbe da dire delle campagne elettorali quindi no non siamo condannati a priori stanchi sì stufi pure ma una cosa è certa non si scappa dalla crisi con i pannicelli caldi per Aspera quindi dovremmo concentrarci per avere una industria fondamentalmente diversa più tecnologica più ad alto contenuto tecnologico e nella quale la competizione non sia solamente quella del prezzo ma quella della conoscenza del knowhow

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Con un’Italia che fatica a risollevarsi dal punto di vista del costo della vita, la nostra produzione industriale sta subendo il colpo più pesante. Le aziende chiudono, i nostri settori chiave sono in difficoltà, e la lenta burocrazia e la mancanza di una strategia nazionale rendono sempre più difficile aprire nuovi business e innovare. C’è davvero una speranza di salvare il nostro Paese, oppure siamo destinati a fallire?

0:00 Introduzione. La produzione industriale italiana sta collassando: che succede?
2:43 Weerg: l’esempio di un’Italia che può funzionare
5:29 Com’è messa l’Italia in termini di innovazione e qualità del lavoro
8:46 La storia del Made in Italy: dall’ascesa alle (attuali) cause del lento declino
22:10 Le difficoltà (e le opportunità) di fare business in Italia: tra export, innovazione e logistica
28:40 Le fragilità della burocrazia italiana e la sfida dell’energia (per l’Italia e per l’Europa)
31:49 Conclusioni

Direzione, Simone Guida
Testo, Gaia Zecchini, Simone Guida
Riprese a Weerg, Giacomo Casandrini
Motion Graphics, Sukhraj Singh
Editing, Simone Guida

Un grazie speciale a Matteo Rigamonti per la disponibilità e l’intervista dentro la sede di Weerg: https://www.weerg.com/it/?gad_campaignid=21897620808

Fonti:

Calo della produzione industriale in Italia: prospettive per il 2025

Infocamere, manifattura italiana in crisi: 59 mila attività chiuse in 5 anni

At Italy’s dark heart: the weak rule of law

L’innovazione nell’industria manifatturiera? È guidata dalla digitalizzazione! I trend secondo Gellify


https://it.euronews.com/my-europe/2025/03/08/trump-e-la-minaccia-dei-dazi-sui-prodotti-italiani

https://www.ilpost.it/2024/12/04/stellantis-crisi-industriale/
https://www.reuters.com/business/energy/italys-plan-return-nuclear-power-ready-by-end-2027-minister-says-2025-01-23/
https://www.ilsole24ore.com/art/gas-release-l-appello-industrie-energivore-urgente-c-e-rischio-chiusura-AGqibSpC
https://www.courthousenews.com/from-low-to-lower-eu-industrial-production-declined-2-in-2024/
https://commission.europa.eu/topics/eu-competitiveness/clean-industrial-deal_en
https://i2.res.24o.it/pdf2010/S24/Documenti/2025/02/13/AllegatiPDF/Report_SVIMEZ.pdf
https://www.statista.com/statistics/1097916/year-on-year-industrial-production-growth-index-by-industrial-groupings-in-italy/

23 Comments

  1. L imprenditore intervistato é proprio l'esempio dell'estro et della capacità italiana di cavarsela nonostante il sistema sia sfavorevole. Bravo lui, ma il punto é proprio quello: non ci si può sempre affidare all'estro del singolo, bisognerebbe favorire dall'alto un sistema più favorevole.

  2. riguardo a ciò che hai detto sulla correlazione scarsa educazione- economia dello stato scarsa, tempo fa in un libro ho letto dei dati contrastanti che falsificano questa tesi. se interessa posso ritrovare la fonte

  3. Esperienza personale (lavoro per una ditta che fa impianti industriali): i clienti stranieri prima di fare un investimento fanno un business plan. I clienti italiani prima di fare un investimento aspettano l'incentivo o il finanziamento europeo.

  4. Il cane piccolo vive mediamente più a lungo del cane grande. In questo video non c'è nulla di nuovo rispetto alla propaganda liberista degli ultimi decenni.

  5. Abbiamo il vincolo esterno, non possiamo giovare delle nostre impresse industriali, qualcosa ci sarà di sicuro anche nel trattato di Parigi '47! Per alcuni decenni ci hanno dato relativa mano libera nonostante guerra cognitiva e omicidi vari, poi da Maastricht è arrivata la mannaia, Britannia, euro ecc….ecc….

  6. É il momento giusto per reintrodurre i dazi nella ue, per difendere l industria e l agricoltura.
    Ma.. l introito dei dazi deve finire nelle casse delle associazioni industriali artigiane e agricole, non deve incassarli lo stato

  7. Bravi,siete tra i pochi che indicano il turismo come settore economico non trainante, anzi semmai trainato (così definito dall'economista Michele Boldrin). Questo governo, come i precedenti, si esaltano qaundo leggono l'aumento di visitatori e turisti da fuori Italia. E' un settore che nel concreto non porta più del 6/8% del Pil, e porta con sé tantissime esternalità negative. io vivo vicino Firenze e posso solo confermarvi quanto l'overturism sia dannoso per i residenti italiani… complimenti per la vostra analisi

  8. È SIAMO SEMPRE ALLE SOLITE : LO ZIO SAM HA PROGRAMMATO IL ''COMGEGNO'' ITALIETTA E NON SI DISCUTE…….PIZZA,PUMMAROLA A NGOPPA E FESTE DELLA TARANTA…(ti opponi? subito servito:MATTEI,MORO,BORSELLINO/FALCONE,CRAXI….ECC.ECC.)

  9. Se si viene a perdere il sistema pensionistico sarà una sconfitta sociale non da poco.
    i soldi sono un invenzione non crescono sugli alberi non bisogna aspettare la maturazione.
    La finanza è il vero problema…….
    Come sempre bel video.

  10. Danke! In Germania abbiamo avuto le più grandi istanze di fallimento degli ultimi 60 anni, e l'industria automobile da noi sta male, abbiamo i magazzini pieni, pensando che si vendono come panini solo perché ce scritto BMW, ora licenziano 30 mila operai. L'Italia e il secondo stabilimento produttivo più grande, dopo la Germania. La Francia è più grande, ma solo grazie ai servizi finanziari. E guarda che l'Italia e molto avanzato in aeronautica! superate noi per molto, anche gli elicotteri Agusta Westland vincono concorso dopo concorso, il M346 e un successo enorme, anche Austria, dopo Polonia, Israele e molti altri, e acquista 34 modelli! Leonardo ha aperto una nuova sede a La Spezia per 300 operai, che producono i nuovi canoni 120L55 cappabili di usare munizione vulcano! Fincantieri ha venduto FREMM al America e molti altri paesi, PPA altro grande successo, Destroyer DDX, ora gli USA fanno parte e vogliono lo stesso modello chiamato DDG!! Cineca, e il 4 sistema AI computing più grande del mondo, 700 operai! 8 moduli del ISS sono stati prodotti in Italia. Moody ha alzato il ranking Italia e rating e messo su "positivo" per il futuro! Avete la più grande produzione navale d'Europa, 4 al mondo, solo dietro Korea, Giappone, China! criticate molto, senza sapere come stanno in FRA, o Spagna! Il problema e il sud e il cambiamento di governi ogni 2 anni!

  11. La mancanza di innovazione in settori portanti dell'italia è una tragedia.. in agricoltura la situazione è incredibilmente triste, minimi salariali da fame e strutture e processi vecchi, in mano a una classe dirigente obsoleta, che ancora pensa che siamo al tempo dei latifondisti e che la terra vada spremuta fino all'osso 😢 un laureato all'estero come può accettare condizioni simili, mentre gli viene chiesto di spaccarsi la schiena come un bracciante di paesi senza governi e strutture sociali del terzo mondo?

  12. il problema è il sistema stato, lavori paghi le tasse e poi ti ritrovi con illeciti da parte del comune e la guardia di finanza che mette tutto a tacere, se erano onesti dall 'inizio sarebbe stato diverso. Sono in piemonte e non in sicilia