La CINA può SOSTITUIRE gli USA? L’EUROPA e gli effetti della guerra dei DAZI

Sarà la Cina il nostro alleato nel nuovo mondo sconvolto dal ciclone Trump? Da quando il presidente degli Stati Uniti ha iniziato a demolire il sistema che aveva tenuto insieme l’Occidente negli ultimi 80 anni, l’Europa sta cercando affannosamente nuove sponde per la sua difesa e adesso anche per i suoi commerci minacciati dai dazzi americani. Ma la Cina potrà davvero sostituire gli Stati Uniti e a quale costo? Facciamo un recap. Io sono Alessio Balbi e se ti interessa capire le notizie in maniera semplice, senza dare niente per scontato, sei nel posto giusto. Ricordati di mettere un mi piace, di seguire il canale e di attivare le notifiche per sapere sempre quando esce una nuova puntata. Per guidarci nell’argomento di oggi ho chiesto aiuto a Filippo Santelli, inviato della redazione economica che è stato anche corrispondente di Repubblica da Pechino, quindi è la persona perfetta per rispondere a ogni domanda e chiarirci ogni dubbio. Ciao Filippo e benvenuto a Recap. Grazie, grazie Alessio Filippo, in questi giorni, in queste settimane, abbiamo parlato in lungo e largo di Trump, dei suoi dazzi, delle conseguenze che potrebbero avere sugli Stati Uniti, ma soprattutto sull’Europa e sull’Italia, ma abbiamo tenuto un po’ in ombra quello che è forse l’attore maggiormente colpito dalle spericolate manovre del presidente americano. Filippo, è la Cina il vero obiettivo di Trump? Beh, è quello che abbiamo iniziato a pensare quando poi dopo il suo grande giorno di liberazione nazionale in cui ha imposto dazzi su tutto il mondo, Trump che cosa ha fatto? Ha sospeso per 90 giorni gli stessi dazzi per tutti i paesi in modo da poter negoziare degli accordi tranne che eh per la Cina. Motivazione ufficiale, io sospendo solo per chi non ha fatto ritorsioni e la Cina era l’unico paese che aveva deciso di rispondere dao contro da però, appunto, in questo si legge anche una scala di priorità, se vogliamo, e non è certo un mistero che dal punto di vista non solo economico, ma anche geopolitico la Cina sia il grande vero rivale degli Stati Uniti e e fin dai tempi del Trump, uno della sua prima presidenza, eh, Trump, appunto, le aveva aveva iniziato una guerra commerciale contro la Cina. Eh sì, una guerra commerciale che, Filippo, correggimi se sbaglio, anche se in maniera magari meno appariscente, forse meno confusa di Trump, era stata proseguita anche dal suo successore alla Casabanca, cioè Joe Biden. Verissimissimo. E infatti su questo secondo me bisogna fare una considerazione che va anche al di là dell’economia, cioè nel rapporto tra Cina e Stati Uniti è un rapporto, se vogliamo usare delle grandi categorie politiche spesso usate in passato tra legemone gli Stati Uniti e il suo sfidante in ascesa, la Cina. E nella establishment americano, sia democratico che repubblicano, c’è la convinzione che, appunto, il grande rivale sia quello cinese e questa rivalità vada gestita con questa, con la Cina, si ci si debba confrontare, competere e dove è necessario anche contenerla. Quindi assolutamente vero, Biden non ha abbassato le tariffe di Trump contro la Cina, anzi ne ha proprio verso la fine del suo mandato messe delle altre molto più alte, per esempio, sugli sui veicoli elettrici, sulle auto elettriche cinesi, al 100% di fatto escludendole totalmente dal mercato. E non solo, Biden ha fatto anche in maniera sistematica un’altra operazione di guerra, se vogliamo commerciale, ma in realtà più strategico tecnologica, cioè impedire che le aziende americane esportino verso la Cina tutta una serie di tecnologie strategiche, come soprattutto i microprocessori avanzatissimi, potentissimi, conosciamo il marchio Nvidia, che vengono usati per l’intelligenza artificiale, perché perché tutti dicono che chi dominerà l’intelligenza artificiale dominerà il mondo per semplificare nella maniera più estrema. Quindi assolutamente totale continuità. Eh, certo Biden e Trump, qui una differenza va fatta, lo facevano in due modi diversi. Cioè, mentre Biden diceva tutto il resto del mondo, sostanzialmente alle democrazie liberali, soprattutto uniamoci eh per contenere la Cina in una strategia comune, Trump lo fa colpendo alleati avversari allo stesso modo e quindi mandando un messaggio e anzi rischiando di spingere quelli che una volta erano gli alleati come l’Europa ad avvicinarsi alla Cina. In questo c’è invece una profonda discontinuità. Eh sì, Filippo, e noi italiani dovremmo saperlo bene perché siamo stati protagonisti di un accordo tra il nostro governo e quello cinese, giornalisticamente lo chiamavamo la nuova via della seta, rispetto al quale l’Italia aveva preso degli impegni con la Cina e poi, proprio spinta dalle pressioni americane dell’amministrazione Biden, ha dovuto fare marcia indietro. Sì, i cinesi la chiamano in realtà Belo Initiative, una una cintura e una e una strada. la cintura sarebbe quella dei traffici marini, la strada quella dei traffici eh terrestri e ehm sì, eh è successo questo, anche se va detto che in tutta quella operazione di avvicinamento dell’Italia alla Cina proprio durante il trampo uno con il governo Conte e poi di distanziamento quando abbiamo deciso di uscire dalla via della seta, la sostanza poi è sempre mancata perché né quando abbiamo fatto l’accordo si è quando abbiamo fatto l’accordo non è che si sia vista un aumento degli investimenti cinesi in Italia come era stato prefigurato, né tantomeno un aumento degli scambi commerciali, cioè tutta quel il tema di quella operazione e della precipitosa ritirata italiana è politico e cioè da che parte sta in un certo senso l’Italia e se vogliamo anche con molta ingenuità da parte nostra perché mentre alcuni paesi europei vedi la Germania, vedi la Francia si sono sempre fatti i loro affari legittimi con le loro multinazionali, stringendo accordi commerciali o di investimento ricchissimi con la Cina, però non hanno mai fatto l’errore di firmare un documento che era chiaramente politico e parte di una strategia politica della Cina, cioè quello di aumentare la sua presenza diplomatica, iniziare a proiettare il suo potere anche nel resto del mondo e da questo punto di vista sfidare anche degli Stati Uniti che venivano percepiti come in ritirata dal resto del mondo. Quindi, diciamo, quella è stata un’operazione fallimentare da tutti i punti di vista e e con poca e con poca sostanza. E secondo te le decisioni di Trump sui dazzi potrebbero portare, diciamo così, a una retromarcia sulla retromarcia, cioè la l’Italia potrebbe tornare in quegli accordi da cui si era sfilata? No, assolutamente no. Eh, per prima la prima ragione è che il governo Meloni eh è quello in Europa o tra quelli in Europa che è più vicino a questa amministrazione americana e figuriamoci se immaginerebbe eh un accordo politico di quel tipo con la Cina, ma quello ormai diciamo il segnale che ci è arrivato, credo che ha fatto capire a tutti che eravamo in fuorigioco, chiaramente in fuorigioco, cioè siamo stati ripresi per l’orecchia. Ehm e appunto il il tema secondo me è italiano ed europeo, perché comunque l’Europa ha bisogno di trovare un equilibrio tra le due superpotenze. Che sia Trump, che sia il prossimo presidente repubblicano americano o democratico. È chiaro che gli Stati Uniti in generale stanno virando verso una politica America first. Cioè che lo dica Trump, ma Biden non lo diceva, ma il concetto però più o meno era lo stesso, cioè noi siamo in questo momento sotto scacco, la globalizzazione ci ha portato una serie di problemi nella nostra economia che ci hanno portato, dal loro punto di vista, a indebolirci con letture diverse tra Biden e Trump. Vogliamo riportare indietro l’industria, vogliamo vogliamo una politica estera che sia fatta per gli americani. Quindi è chiaro che il non si torna indietro, cioè gli Stati Uniti non sono più i grandi difensori della globalizzazione che di cui tutti i loro alleati hanno beneficiato. Non sono più probabilmente disposti a pagare il prezzo della essere i poliziotti del mondo a tutte le latitudini. E quindi è chiaro che in questo contesto l’Europa deve trovare ridefinire i suoi rapporti tra i due poli, gli Stati Uniti e la Cina. Chiaro che questi poli per l’Europa non sono sullo stesso livello, cioè gli Stati Uniti comunque anche al netto di Trump restano i nostri alleati nella NATO, restano un vicini dal punto di vista dei valori politici, seppure in una deriva che fa paura. La Cina, no? E in questi giorni, in effetti, si è parlato tanto della possibilità che, vedendo traballare l’asse tradizionale con gli Stati Uniti, l’Europa potesse cercare una sponda a Pechino. Ma concretamente quali sono gli accordi possibili tra la Cina e l’Europa? Eventuale riavvicinamento dell’Europa alla Cina può essere o tattico o strategico. tattico. Mostro che io mi avvicino al rivale degli Stati Uniti per spingere Trump a più miti consigli, cioè a tornare da me e a dirmi a negoziare sui dazzi e a riconoscere che non tutti sono uguali, ha degli alleati e ha bisogno dei suoi alleati se davvero la sua la strategia americana è quella di contenere l’ascesa cinese, però anche dal punto di vista strategico l’Europa qualcosa deve fare, cioè in generale deve rendersi più autonoma da tutti. dagli americani, ma anche dai cinesi, ricostruendo una sua base industriale o costruendo una sua base in una serie di tecnologie e e produzioni strategiche, per esempio quella del microchip, eh con tutta la filiera che ci va dietro, ma anche l’automotive, eh ma anche tutte le tecnologie chiave per la transizione verde e in questo la Cina può avere un ruolo costruttivo. per l’Europa, cioè per esempio investimenti delle aziende cinesi in Europa che abbiano una componente di join venture, cioè di alleanza tra le aziende cinesi e le aziende locali e di trasferimento tecnologico delle eh innovazioni che la Cina in questo momento ha, perché la Cina è leader in tutta una serie di tecnologie alle aziende europee che magari su quelle tecnologie sono rimaste indietro. Non è niente di diverso da quello che la Cina ha fatto a parti invertite per anni con l’Europa, cioè le aziende europee andavano lì spinte dal mercato, dal lavoro a basso costo e dalla volontà di stare sul mercato cinese. La Cina li costringeva ad allearsi con le aziende locali e intanto imparava, imparava, imparava e così ha fatto il salto tecnologico. Ora è un rapporto più equilibrato potrebbe essere un rapporto che fa questo al contrario, creando anche posti di lavoro in Europa, contribuendo anche a una reindustrializzazione dell’Europa. Ovviamente non è facile. E allora Filippo, proviamo a fare per quanto possibile un po’ di fantapolitica o di fanta geopolitica. in un futuro più o meno lontano, la Cina potrebbe diventare veramente per noi oltre che un partner aggiuntivo, magari anche strategico, ma potrebbe veramente diventare un’alternativa agli Stati Uniti? Allora, ehm, intanto c’è da dire una cosa e cioè che la Cina è già l’unica superpotenza industriale che c’è al mondo, cioè un terzo delle merci prodotte al mondo vengono prodotte in Cina, quindi della Cina non si può fare a meno da quel punto di vista. Se tu rompi i rapporti con la Cina e l’hanno visto e lo vedono anche gli Stati Uniti, l’allarme di tutte le imprese, non ti arrivano una serie di cose. E con tutto il rispetto non parlo dei giocattoli, ma neanche delle console, ma neanche degli smartphone, parlo per esempio dei semilvorati industriali che poi servono alle aziende italiane per fare i loro prodotti. Quindi da quel punto di vista lì la Cina ha già è già inagirabile, no? È già una superpotenza. Il la domanda che mi fai tu mi sembra più sull’aspetto politico, cioè in un nuovo ordine mondiale la Cina può essere un perno, un pilastro? Questa è una domanda eh molto molto difficile. Primo, la Cina non vuole non ha una potenza militare nell’attitudine ad usarla come l’hanno usata gli Stati Uniti. Quindi non è che un domani la Cina va a fare il poliziotto del Medio Oriente o il poliziotto dell’Africa. fino ad ora almeno, eh la sua la sua proiezione di potenza è stata soprattutto di economia, anche se in una maniera molto forte e spesso eh ricattatoria. Può essere la Cina un interlocutore che ci aiuta a tenere in piedi quello che chiamiamo multilateralismo, cioè contro l’idea tranaterali e transazionali, questa brutta parola che vuol dire semplicemente io mi metto a un tavolo con te, uno contro uno e vince chi chi alza la posta di più o chi è o chi è più forte. Contro questa idea, la Cina può aiutarci a mantenere un ordine, tenere in vita una serie di organi multilaterali che sono serviti. Faccio un esempio dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che per volontà americana si è stata smantellata, sostanzialmente non funziona più. Anche questo, questo è un grandissimo punto di domanda, grandissimo, perché diciamo quando la Cina lo dice, io voglio difendere il multilateralismo, eh, beh, spesso predica bene e razzola male, perché m per esempio il suo mercato negli ultimi 30 anni l’ha aperto, ma non l’ha aperto fino in fondo, non ha stabilito, continua a sussidiare le sue imprese, cosa che sarebbe vietata a fare concorrenza, che non è del tutto leale, ha una sua visione da regime regime autoritario e quindi quando parla di multilateralismo lo vuole anche cambiare in modo che il multilateralismo sia più ospitale, tra virgolette per i regimi autoritari con tutto quello che che questo comporta dal punto di vista dell’idea dei diritti umani e di tante altre cose. E concludo dicendo che appunto può essere sicuramente c’è la necessità di avvicinarsi alla Cina e e e parlarle. penso per esempio alla questione del del cambiamento climatico, però anche di verificare che cosa nel concreto voglia dire questo suo impegno per l’ordine, per tenere in piedi un ordine globale. E la Cina è evidentemente un interlocutore molto diverso rispetto al nostro partner storico, gli Stati Uniti. Quello cinese è un sistema a partito unico, quindi tutt’altro che democratico, con un fortissimo controllo statale sull’economia, la cui crescita dell’economia in questi anni è stata pompata con metodi che qui in Occidente riteniamo impraticabili e sleali come l’uso di manodopera a basso costo e i sussidi pubblici. E quindi Filippo, lo chiedo a te che ci hai vissuto a lungo, quali possono essere i rischi di un’apertura dell’Europa alla Cina? Il primo pericolo è che sia un’apertura ingenua. Eh, qualche tempo fa Macron che diciamo a cui si possono criticare tante cose, ma non quella di non avere una visione, almeno parole, disse “Basta, è finito il tempo dell’ingenuità con la Cina”. E e qual era questo tempo dell’ingenuità? pensare che ehm facendola entrare nell’ordine internazionale dal punto di vista economico, cioè nell’ordine dei liberi commerci, la Cina cambiasse anche dal punto di vista politico. Questo non è successo, anzi con Sigin Pin che è successo esattamente l’opposto, cioè la Cina è fiera e dice che il suo modello politico è perfino superiore al modello eh democratico. Quindi questa convinzione che era americana di tutto il mondo occidentale non deve assolutamente ripresentarsi. Ehm, un altro rischio io però lo vedo eh da Trump e dagli americani e cioè non è che noi ci avviciniamo, proviamo ad avvicinarci alla Cina e poi Trump fa il grande accordo con la Cina, cioè eh Trump, la strategia finale di Trump con la Cina non è ancora chiara e lui ha detto e mostrato diverse volte di quasi ritenere una ritenere di avere maggiore affinità con questi leader autoritari di paesi non democratici rispetto alle alle democrazie. E allora il timore è che poi Trump vada a fare un grande accordo con Putin per finire la guerra in Ucraina e un grande apporto con Sigin Pin per sostanzialmente, diciamolo in una maniera più netta, dividersi le sfere di influenza globali. Quindi è chiaro che siamo all’interno di una situazione in cui, no, tutti i poli di questo triangolo che poi semplifichiamo, ma in realtà c’è tutto il resto del mondo con degli attori mica da ridere, eh, l’India, il il Brasile, paesi del paesi arabi, eccetera eccetera. E qui è tutto in movimento. Eh sì, Filippo, una situazione veramente complessa e quindi da continuare a seguire ancora a lungo e con attenzione. A questo proposito, se non volete perdervi nessuna notizia e nessun approfondimento, neanche quelli riservati agli abbonati, c’è un’offerta per voi nel link in descrizione. Abbonarsi a Repubblica, lo sapete, è un modo per sostenere l’informazione indipendente e il giornalismo di qualità. E anche questo canale che è e resterà totalmente gratuito, ma che non potrebbe esistere senza il contributo di tanti colleghi sul campo, come Filippo Santelli, inviato della redazione Economica di Repubblica. Grazie Filippo, continuiamo a leggerti. Grazie Alessio, ciao a tutti e grazie a voi per averci seguito fin qui. Se questa chiacchierata vi è stata utile ricordate di mettere un mi piace, di seguire il canale e di attivare le notifiche per sapere quando esce una nuova puntata. Appuntamento al prossimo recap.

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Sarà la Cina il nostro alleato nel nuovo mondo sconvolto dal ciclone Trump?

Da quando il presidente degli Stati Uniti ha iniziato a demolire il sistema che aveva tenuto insieme l’occidente negli ultimi ottant’anni, l’Europa sta cercando affannosamente nuove sponde per la sua difesa e adesso anche per i suoi commerci, minacciati dai dazi americani.

Ma la Cina potrà davvero sostituire gli Stati Uniti? E a quale costo?

Per guidarci nel tema di oggi abbiamo chiesto aiuto a Filippo Santelli, inviato della redazione economica che è stato anche corrispondente di Repubblica da Pechino.

RECAP, di Alessio Balbi, è il posto per capire le notizie in maniera semplice, senza dare niente per scontato

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Producer: Francis J. D’Costa

Per AGTW: Luciano Coscarella, Santiago Martinez de Aguirre, Antonio Barillà

00:00 | Intro
00:56 | È la Cina il vero obiettivo di Trump?
02:14 | Così Trump prosegue la politica di Biden
04:35 | L’Italia e la “nuova via della seta”
06:43 | Una nuova via tra Roma e Pechino?
09:08 | Europa-Cina: quale alleanza possibile?
11:31 | La Cina può essere un’alternativa agli Usa per l’Europa?
14:55 | Allearsi con Pechino, ma a quale costo?

37 Comments

  1. Ma per favore, non diciamo cazzate e smettiamola col pittimismo: L'Europa ha i mezzi e le forze, per viaggiare da sola. Purtroppo abbiamo un solo cancro e limite; La classe politica in generale, sterile, becera incompetente. A seguire la magistratura, sinistroide e fallimentare……………………..

  2. Concordo pienamente con Filippo, una splendida relazione su come bisogna agire per mantenere il proprio punto di vista, da parte dei Paesi Europei per restare indipendenti da tutti 👍

  3. Europa ha approfittato della manodopera a basso costo della Cina svelando i trucchi del mestiere facendo grande la Cina e impoverito l'Europa. Basta leggere le etichette dei prodotti oltre il 90% made in Cina. Vuol dire producendo a basso costo e vendendo a costi come se fossero fabbricati in Europa con manodopera locale. Ciò significa " i ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri". Ciò dimostra per esempio un paio di scarpe di una nota marca prodotta in Cina a basso costo viene venduta come se fosse prodotta nel paese d'origine.

  4. Il testone con i capelli color bronzo fa solo soffiame, per dare pretesto alle borse di dopare certi soldi e svalutarne altri per incassare, io punterei sull'India, in maniera molto riservata, facendo finta di cercare accordi con la Cina

  5. La risposta può darla solo un povero assoluto caduto in disgrazia proprio grazie al "Sistema che aveva tenuto insieme l'Occidente", sistema che si è dimenticato completamente di (schiavizzato) milioni di cristiani oggi in povertà assoluta. Quale "Occidente"? Quello dei Berlusconi e De Benedetti che negli anni 90 hanno sostituito i partiti della Repubblica democratica?

  6. Io vedo seri problemi in entrambi i paesi, da un lato un socialismo opprimente (Cina), dall'altro lato un capitalismo sfrenato (USA).
    Ho scritto un articolo del mio blog proprio per approfondire gli elementi distopici delle società cinese ed americana